Il problema è che la ricerca scientifica e linnovazione tecnologica corrono ben più veloci dellacquisizione delle conoscenze, dellevoluzione della cultura popolare, del cambiamento di opinioni, valori e comportamenti. Non dobbiamo, allora, aspettare trentanni per vedere i primi ritorni relativi alla scoperta di CCSVI, Il pomodoro giunto dal Sudamerica ha impiegato due secoli per arrivare in tavola, ma lindustria biotech si aspetta che quello transgenico ci arrivi dopo due anni. Anche se ridiamo della nonna, è naturale che anche a noi i cambiamenti non piacciano più di tanto e ci voglia del tempo per integrare le novità in quello che già sappiamo o pensiamo, o in quello che siamo disposti a fare. Fanno fatica gli stessi scienziati. Come scrisse un celebre filosofo della scienza, perché una nuova teoria venga accettata bisogna spesso attendere la morte degli scienziati della generazione precedente. Da quando esiste qualcosa che possiamo chiamare con questo nome, la comunicazione della scienza serve proprio a facilitare (e quindi ad accelerare) lassimilazione delle novità, altrimenti troppo lenta. Il paragone non sembri irriverente, ma il Dialogo di Galileo aveva lo stesso scopo degli articoli di Scientific American o dei documentari scientifici della BBC. In altre parole, la comunicazione ha la funzione di aggiornare le rappresentazioni sociali della scienza e della tecnologia in circolazione, gettando dei ponti fra quello che si sa o si è disposti ad accettare, e il nuovo.